La figurazione dell’appartenenza ai giorni nostri vira facilmente verso la normopatia psichica, sociale e intellettuale.
La defigurazione che anima le forme è un movimento erotico, amoroso: senza tregua disfa le figure convenute dell’altro e lo interroga, lo inventa di nuovo, lo reinventa all’infinito. In questo caso diventa una pratica dello stupore. All’incontro delle idee ricevute che assimilano educazione e scoperta delle forme, l’apprendimento dei modelli e dei ruoli, adesione a modelli e impronte, la defigurazione è nel contempo de-creazione e ri-creazione permanente (”sempiterna” avrebbe detto Artaud) delle forme provvisorie e fragili di se e dell’altro. Quindi adeguarsi ma slegare, spostare, giocare, amare. E’ quello che ci insegnano queste scritture moderne reputate difficili: in questo senso la loro lettura è un apprendimento della déliaison amorosa, della decostruzione del narcisismo. Tra figurazione e defigurazione.
tratto da “La défiguration” Artaud-Beckett-Michaux di Evelyn Grossman