Parole

Danilo De Marco - Gli U’wa un popolo che non vuole essere venduto (2000)

“I riowà, gli stranieri, che accumulano denaro, non vogliono accettare la giustizia del tempo e dei nostri Dei e vogliono cacciarci dagli ultimi appezzamenti di territori che ci restano. In tutti questi territori le compagnie petrolifere, alleate con il Governo, sono diventate in questo secolo i nuovi colonizzatori.
Arrivarono e ci sterminarono e ora di nuovo, dopo secoli, in cambio del nostro territorio e della nostra vita ci offrono cianfrusaglie. Contrariamente all’uomo bianco, noi abbiamo memoria…”
Così l’ONIC (Organizzazione nazionale degli indigeni della Colombia) attraverso la voce di Evaristo Tegria Uncaria, giovane e coraggioso avvocato degli U’wa, definisce le ultime trattative dirette svoltesi alcuni anni fa tra gli U’wa e il colosso multinazionale Occidental Oil and Gas Corporation, meglio conosciuta come Oxi, e a cui si è aggregata la Ecopetrol (la compagnia nazionale petrolifera colombiana). “All’inizio erano molto gentili e sorridenti; ci hanno ospitato a Bogotà in un lussuoso… albergo della Candelaria (40 dollari a notte, un capitale). Hanno inviato un autobus tutto per noi, copiosamente rifornito di Coca Cola, e ci hanno portati nella sede dell’incontro. A me personalmente -continua Evaristo- hanno offerto 500 dollari per sostenere la loro causa, e hanno promesso l’invio immediato di scarpe per tutti. Il responsabile della missione, un uomo troppo chiaro e biondo, e troppo alto, ci ha accolti. Già quel primo impatto non fu sicuramente il massimo della sensibilità, mettendo subito in soggezione i rappresentanti del mio popolo. Gli U’wa sono particolarmente piccoli e piuttosto scuri… Quando abbiamo spiegato che non eravamo in vendita, beh allora…siamo stati riaccompagnati al marciapiede…l’autobus era scomparso(ritornammo a piedi)…e le scarpe, quelle non sono mai arrivate”.
E’ dall’aprile del ‘92 che la Oxi tenta di assicurarsi i diritti di esplorazione nella regione ancestrale degli U’wa, nella zona chiamata Blocco di Samoré (Arauca,Boyaca, Santander). Nell’aprile del ‘95 ottiene dal ministro dell’ambiente la licenza di esplorare il territorio in questione, finalizzato allo sfruttamento delle risorse del sottosuolo. Le proteste degli U’wa, dell’ONIC, di molte altre organizzazioni e Università hanno fatto sì che il Difensore Civico esercitasse il diritto di tutela in nome degli U’wa, dato che la comunità non era stata consultata, come richiederebbe la Costituzione della Colombia (art. 300 e art.15/21) per quanto riguarda le popolazioni indigene. Nonostante il Tribunale Superiore di Cundinamarca e la Corte Costituzionale avessero convenuto sull’ illegalità della licenza di sfruttamento (nessuna consultazione era avvenuta) concessa alla Oxi dal Ministero dell’Ambiente, il Consiglio di Stato si è rifiutato di sospendere la licenza e nel marzo del ‘97 l’ha confermata definitivamente.
Il popolo U’wa è uno dei più antichi della Colombia e viveva in un territorio di 1.400.000 ettari, -oggi non gli sono rimasti che 200.000- e la popolazione non conta più di 5000 individui. La loro memoria etnica registra un episodio che è rimasto un simbolo di lotta e di resistenza: un suicidio collettivo con cui risposero più di quattro secoli fa al crimine della conquista e della dominazione coloniale. A Guican è ancora riconoscibile il “Penòn de los Muertos” da dove un popolo intero, si dice, si gettò suicidandosi in massa.
Berito Cobaria, Governatore del Cabildo Mayor, massima autorità U’wa, racconta così l’avvenimento: “Il Padre del Cielo diede loro questa storia vera: non possiamo consegnare ciò nelle mani della Morte. Per questo il Cacicco disse: consegno il mio spirito nelle mani di Madre Terra insieme a tutta la comunità. Rimasero solo alcune donne con il compito di perpetuare la razza. Gli altri si lanciarono da un dirupo. Ruzzolarono tutti nel burrone. Fu il suicidio. Si racconta che il fiume sottostante cambiò il suo corso da tanti furono i corpi che si ammassarono”.
Gli U’wa hanno una lingua propria che non ha mai raggiunto il grado di scrittura. Le loro tradizioni vengono trasmese oralmente attraverso i canti, la poesia, i miti, le credenze, le rappresentazioni simboliche. Le loro pratiche rituali hanno la finalità di difendere la terra e l’ambiente assieme a tutte le varie specie biologiche che vi convivono. Il loro territorio è considerato una delle grandi riserve di biodiversità rimaste al mondo. Per loro l’ambiente è patrimonio collettivo e non può essere finalizzato a reddito o scambio. Proprio per questa concezione globale e cosmica del territorio e della vita di ogni essere, il loro linguaggio aderisce perfettamente a quello naturale e le loro cosmovisioni hanno qualcosa di stupefacente.
Per gli U’wa, il mondo materiale e spirituale sono in armonia, come sono in armonia il popolo con l’ambiente naturale. Quando paragonano l’insieme dei fluidi al sangue della terra, alle mille vene che percorrono il corpo della Madre Terra, la loro saggezza ancestrale…coincide con la moderna epistemologia evolutiva/ecologica: è la constatazione secondo cui la natura è un grande organismo antropomorfico, nel quale si proiettano, in stadi primordiali, i medesimi codici formali che nell’ uomo strutturano e difendono la vita, le sensazioni, il pensiero e l’amore-secondo Javier Giraldo, coraggioso sacerdote fondatore di Giustizia e Pace.
Promotore della campagna Nunca Mas, ha denunciato gli eccidi perpetuati dai militari e paramilitari (48.000 solo in due dipartimenti, e responsabili secondo Human Rights Watch dell’80% dei crimini colombiani degli ultimi tre anni) e per questo costretto a fuggire dalla Colombia.
Per gli U’wa la Madre Terra è un corpo vivo. Se si toglie il Riruwa, il nome che loro danno al petrolio, alla madre terra, è come se si togliesse il sangue al corpo umano. Negli alberi, nei vegetali circola il sangue; il Riruwa che dà la vita a tutto. Ne morirebbero così gli animali, i fiumi verrebbero prima inquinati e poi prosciugati, gli uccelli che …ci danno l’allegria con il loro canto, cadrebbero stecchiti a terra. Sarebbe come far saltare i polmoni del mondo. La OXI vuole metterci un’ampollina nel cuore per toglierci il sangue e portarlo negli Stati Uniti. Non lo possiamo permettere -aggiunge Berito. Per questo gli U’wa non vogliono strade, elettricità, televisione…e per questo non usano il denaro.
La loro è una lotta d’avanguardia che unisce il sociale e il naturale, il culturale e l’ambientale. Il loro è un allarme ecoantropologico rivolto a tutta l’umanità.
Per gli U’wa una cosa è chiara: se permetteranno di profanare il Kerachikara, il territorio sacro, come è già successo nell’83 da parte della Oxi-Shell a Caño Limon (in Arauca-vi si produce un terzo del greggio che la Colombia esporta), dove gli indigeni Sikuani e Cuiba sono stati privati della loro terra e sono diventati i più poveri della Colombia, e con il tasso di mortalità infantile più alto a causa dell’inquinamento petrolifero, questo territorio vergine verrà invaso dai camion e macchinari che apriranno nuove vie di penetrazione alla ricerca del greggio.
Di conseguenza affluiranno masse umane transumanti sradicate dalle loro terre e assoldate con contratti stagionali, comunità abituate alla violenza, alle pratiche dell’alcool, della prostituzione e al gioco d’azzardo. Anche gli indigeni Guahibos che vivevano nel territorio di Canio Limon ne hanno subito le conseguenze, ed i superstiti si sono rifugiati in territorio U’wa.
Nel marzo del ‘99 la situazione si deteriora ulteriormente, prima con il sequestro e l’assassinio di tre indigenisti nordamericani -Terence Freitas, Ingrid Washinawatok e Larry Gay Lahenae- da parte delle Farc, di cui gli U’wa addossano la …diretta responsabilità della Oxi, forse la mandante degli omicidi…dato che i nostri amici nordamericani vedevano con viva preoccupazione la penetrazione petrolifera nel nostro territorio… In seguito la guerriglia si scuserà di questi assassinii, dicendo che… c’è stato un equivoco. Ma restano tutt’ora oscuri i suoi legami con la Oxi per questo fatto.
IL 18 novembre ‘99 vengono acquistati dagli U’wa due appezzamenti, il Santa Rita e il Bellavista, vicini al luogo dell’imminente perforazione. Ma per l’avvocato degli U’wa il campo della perforazione, il Gibraltar 1, …è comunque dentro i confini del territorio ancestrale. Due giorni dopo la firma dell’atto di compravendita avvenuta in presenza del notaio del distretto di Pamplona, Daniel Jordan Penaranda, di Evaristo Tegria Uncaria e dei proprietari delle fincas, che la Oxi non riconoscerà valido, il notaio viene assassinato. In gennaio, i due appezzamenti dove erano rimaste 25 persone, donne e bambini, vengono attaccati dai militari che nel frattempo il governo di Bogotà aveva inviato nel territorio. Alcune donne vengono trascinate per i capelli- racconta Evaristo- e tutti vengono caricati sugli elicotteri e portati nella base militare di Samoré. Ma alcuni soldati avevano parlato con le donne; piangevano. Capivano che stavano facendo una violenza…per questo da quel momento ai militari -5.000 effettivi- fu vietato di parlare con la gente. Si installarono ai bordi ma anche dentro ai confini del Resguardo”
In febbraio agli U’wa non resta che occupare le strade che portano ai cantieri per evitare che i lavori continuino. Nelle località La China e Las Canoas vedo giovani donne con neonati legati sulla schiena, che pietra dopo pietra innalzano una barricata. Anziani che preparano il cibo e, con enormi foglie, i giacigli per la notte .
Dall’altra parte i militari non demordono e impediscono qualsiasi tipo di comunicazione con i barricaderi. La China rimane isolata. Decidono di non fare più passare i viveri. Allora Evaristo mi spiega che forse la mia presenza di occidentale -ma devo passare per cooperante ONG- costringerà i militari a cedere il passo. …hanno ordini di evitare atti che vadano contro i diritti umani in presenza di occidentali. Così decido di fare un paio di viaggi con un camion carico di alimenti fino alla China, dove da più giorni non arrivava il cibo. Qui assisto all’opera di convincimento che il sergente Chacon tenta verso gli indigeni. Dice che rispetta il loro diritto di protesta, ma che l’articolo 24 della Costituzione garantisce la libera circolazione dei cittadini, e che quindi, loro-gli U’wa- in quel momento stanno infrangendo la legge. Non importa che una comissione governativa colombiana abbia concluso che la criminalizzazione della protesta sociale è stata uno dei principali fattori che ha consentito e incoraggiato le violazioni dei diritti umani da parte delle autorità militari e di polizia. Continua il sergente, spiegando che il narcotraffico e la guerriglia sono loro i veri pericoli, che le Farc e l’Elnz sono terroristi e narcotrafficanti e guai se il territorio U’wa cadesse nelle loro mani…mentre alle sue spalle un medico tradizionale mastica freneticamente foglie di coca e un altro fuma tabacco. Un rituale. Cercano di allontanare il male che sentono vicino mi spiega Luis Fernando.
Infatti, lungimiranza della medicina tradizionale..! due giorni dopo avviene il fattaccio. Arriva la polizia antisommossa che circonda i dimostranti e, al loro rifiuto di andarsene, iniziano a lanciare lacrimogeni ed a sparare su gente indifesa, donne e bambini in maggioranza.
Nel fuggi-fuggi generale una bambina di quattro mesi, Kenowia, viene colpita al volto da un lacrimogeno e muore tra le braccia della madre. Altri due ragazzi, Mauricio Diaz di 10 anni e Jorge Nikuta di 9 moriranno, e i loro corpi saranno trascinati via dal fiume sottostante. Undici persone in maggioranza Guahibos, tra cui una madre con la sua piccola di 6 mesi, scompariranno. Andranno ad allungare il lungo elenco dei desaparecidos colombiani.
Più tardi il portavoce del governo accuserà gli U’wa di …aver provocato gli scontri dopo aver attaccato la polizia con archi e frecce… avvelenate. Polizia antisommossa in assetto di guerra, armata di mitragliatrici contro donne e bambini…e alcuni indigeni Guahibos, armati di frecce, tra cui uno di loro senza una gamba.
Gli U’wa sono storicamente un popolo di natura pacifica, e hanno dato una lezione alla loro nazione in guerra, rinunciando all’appoggio armato delle guerriglie che, con il pretesto di proteggerli, cercarono fare del loro territorio luogo di conflitto. Gli U’wa sanno benissimo che se lo Oxi trivellerà la terra con la seguente installazione dei condotti petroliferi, il loro lavoro di neutralità sarà stato inutile ( le esplosioni degli oleodotti sono uno degli obiettivi dell’Eln).
Gli U’wa hanno subito abusi e prepotenze a più riprese.Negli anni 20 un nuovo periodo di colonizzazione evangelica porta alla costruzione della prima strada che sventra il territorio, complice il governo di Santander.
“Cattolici o protestanti che siano, afferma Evaristo, hanno castrato il mio popolo…Un missionario di allora, Abraham Villis, fondò una missione dove fece rinchiudere tutti i bambini orfani. I missionari picchiavano per convincere ed evangelizzare…dicevano che dovevamo soffrire come Gesù…con la collaborazione della polizia . Inoltre assieme ai missionari sono arrivati i coloni bianchi. Sono diventati i padroni della nostra terra”.
Sgomberate le barricate -l’oro nero vale ben più di pochi U’wa- …non si possono mettere a confronto gli interessi di 38milioni di colombiani con le preoccupazioni di pochi indigeni- aveva affermato in passato il ministro delle miniere Rodrigo Villamizar, decine e decine di camion della Oxi riprendono il lavoro.
Ma gli ostinati U’wa non si arrendono e si riuniscono a Saravena, un’ottantina di chilometri da Cubarà, con il sindacato dei campesinos. Vent’anni fa questa cittadina quasi non esisteva, e sono stati questi uomini a edificarla arrivando da luoghi in cui la miseria e la violenza non lasciavano loro speranza. Sanno cosa li aspetta con l’arrivo del petrolio; ne hanno l’esperienza personale e il modello poco lontano, a Caño Limon.
Sono riusciti a non permettere alle squadracce di Castaño, i paramilitari, la peggiore delle fecce umane che fanno il “lavoro sporco” al posto dei militari, di installarsi nel territorio. E’ per questo, mi dice Alonso Campino Bedoya, segretario del sindacato, che per i militari siamo tutti guerriglieri. Per questo hanno bombardato il 13 dicembre del ‘98, con elicotteri ed aerei donati dagli Stati Uniti -dovevano servire alla lotta contro il narcotraffico- il villaggio di Santo Domingo. Morirono sette bambini e nove adulti.
Assieme decidono di bloccare le vie d’accesso al pozzo Gibraltran 1.
I contadini si schierano con la resistenza del popolo U’wa e in 4.000, vicino Cubarà, riescono a bloccare almeno una delle vie d’accesso al pozzo. Dicono che non si muoveranno da là finchè il governo non darà delle risposte chiare e difinitive. Ma la Oxi ha tempo, può ancora aspettare.
Il 30 settembre, sotto la protezione di una multitudine di militari, il territorio viene invaso da novanta camion che trasportano grandi macchinari. Nel frattempo si congela il dialogo di pace di San Vicente del Caguan con la guerriglia FARC e si concretizza il “Plan Colombia” (un aiuto appoggiato anche dalla Oxi al congresso di Washington, di 1.600 milioni di dollari a Bogotà, con il pretesto di combattere il narcotraffico).
A ottobre i mezzi di comunicazione colombiani favorevoli alla Oxi, iniziano una …campagna stampa di denigrazione contro la nostra cultura…denunciano gli U’wa, mentre negli Stati Uniti finanzia la campagna elettorale di Al Gore.
A novembre le torri di perforazione lavorano già a pieno ritmo e trivellano la terra 24 ore su 24. Sotto l’alta protezione dei militari. Vicini a Gibraltan 1, profondo 4.360 metri, l’acqua non si può più bere e i rigagnoli trasportano i residui del cemento nel fiume sottostante, il Cubugon. Da qui seguirà la sua corsa verso il fiume Arauca e conseguentemente nell’Orinoco.
Ora, in corsa con il tempo, gli U’wa ricalcano quella possibilità di un suicidio collettivo, che forse, -si dice- usano come ricatto e che mai metteranno in pratica, ma che potrebbe anche, sorprendendo tutti, accadere. E se accadesse non sarebbe un ultimo atto di disperazione ma, al contrario, il suicidio come atto di resistenza.
Il Governo non capisce che anche noi facciamo parte dello Stato, che abbiamo i nostri diritti, le nostre usanze, credenze religiose, filosofiche e politiche. Se riconosceranno questo allora sarà possibile vivere; contrariamente moriremo. Non ci saranno più gli U’wa a proteggere il mondo.
Ma se invece i nuovi colonizzatori riuscissero, come sta accadendo, a dissanguare la Madre Terra, nonostante l’opposizione pacifica degli U’wa, allora in questo caso non di suicidio si tratterebbe, ma di etnocidio, uno in più di questa nostro civile progresso.
Gli U’wa sono gli eredi di una volontà che rimane fino all’ultima goccia.

aprile maggio 2000