L’umanità ha inventato il grano, il riso, l’orzo. La staffetta innumerevole delle generazioni contadine ha migliorato i semi, li ha resi più fecondi. Nessuno potente ha potuto fare a meno dei coltivatori. Li ha oppressi, predati, ma sempre ne ha avuto bisogno.
Oggi qualche imbizzarrita ditta ha messo sotto suo brevetto il grano, il riso, l’orzo. Dicono legalmente di averlo inventato loro. Oggi i potenti fanno in modo che i contadini abbiano bisogno di loro. In questa inversione sta il preciso segno del progresso. Progrediamo verso l’asservimento della terra e dei coltivatori. Perciò siamo oggi tutti senza terra, anche chi ha un campetto ben iscritto a suo nome in un catasto.
Prima la terra ha perso il suo sabato di riposo poi i suoi lavoratori hanno perduto il sonno. Danilo De Marco fotografa l’insonnia della terra, trasmessa dal suolo alle facce di chi ci sta chino sopra. Le loro fattezze sono quelle della terra senza sabati.
Il sorriso è la smorfia che più somiglia allo sbadigli. Nelle fotografie di Danilo che fruga tra le croste spellate del pianeta, spuntano sorrisi rari, nessuno sbadiglio. Chi è senza terra è insonne. La terra maledice.
Insieme ai brevettatori abusivi di semenze vitali, spuntano i nuovi proprietari delle acque. Sarebbero capaci di esibire un diritto di sfruttamento delle nuvole, della neve.
Senza terra è un primo passaggio,una tappa dell’esproprio. Già si sta in vaste zone dell’Asia senza cielo, scomparso oltre una condensa di gas e di fumo. Crescono bambini che ignorano le stelle. Presto l’aria verrà erogata come la corrente.
Chi perde la terra sotto i piedi ha perso. Ci si dedica all’alpinismo per poter abbracciare di nascosto la superficie perduta, con la scusa di praticare uno sport.
Col suo bianconero illuminato a giorno Danilo anticipa un pianeta svuotato di colori. Mentre scivoleranno i giorni dell’anno 08 di un secolo con data avvicinata di scadenza, il vento gioca a fare mulinelli e cicloni sopra un suolo espropriato. La sua trottola fa rima con la frase di chi disse :”Mia è la terra, stranieri e residenti di passaggio voi siete presso di me” (Levitico/Vaikrà 25,23).