In te sono stato albume, uovo, pesce,
le ere sconfinate della terra
ho attraversato nella tua placenta.
Fuori di te sono contato a giorni.
In te sono passato da cellula a scheletro,
un milione di volte mi sono ingrandito.
Fuori di te l’accrescimento è stato
Immensamente meno.
Sono sgusciato dalla tua pienezza
senza lasciarti vuota perché il vuoto
l’ho portato con me.
Sono venuto nudo, mi hai coperto,
così ho imparato la nudità e il pudore,
il latte e la sua essenza.
Mi hai messo in bocca tutte le parole
a chucchiaini, tranne una : mamma.
Quella l’inventa il figlio
sbattendo le due labbra,
quella l’insegna il figlio.
Da te ho preso le voci del mio luogo
le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri,
da te ho ascoltato il primo libro
dietro la febbre della scarlattina.
Ti ho dato aiuto a vomitare, a friggere le pizze,
a scrivere una lettera, ad accendere un fuoco,
a finire parole crociate, ti ho versato il vino
e ho macchiato la tavola
non ti ho messo un nipote tra le gambe,
non ti ho fatto bussare a una prigione,
non ancora,
da te ho imparato il lutto e l’ora di finirlo,
a tuo padre somiglio, a tuo fratello,
non sono stato tuo figlio.
Da te ho ricevuto gli occhi chiari,
non il tuo peso, a te ho nascosto tutto.
Ho promesso di bruciare il tuo corpo,
di non darlo alla terra. Ti darò al fuoco,
fratello del vulcano che ci ha orientato il sonno.
Ti spargerò nell’aria dopo l’acquazzone
nell’ora dell’arcobaleno
che ti faceva spalancare gli occhi.
Erri De Luca